La prima pietra dell’attuale chiesa-convento, dedicati a N.S. del M. Carmelo, fu posta il 25 aprile 1664; i nostri frati si erano appena stabiliti in via Untoria, ma già dal 1628 erano in Savona, avendo abitato in vari luoghi. In antico era chiamato “il Carmine di Savona”; poi, dopo le soppressioni della Repubblica Ligure nel 1799 e la riapertura nel 1816, divenne parrocchia nel 1835 col titolo di S. Pietro, traslato da una chiesa vicina demolita. Il convento, ma non la parrocchia, andò di nuovo perso e fino al sec.XX inoltrato ne rimase solo una parte per la comunità, senza che, appunto, cessasse il servizio parrocchiale. Di recente ha ripreso vita la fraternità OCDS.

350 anni di San Pietro La Chiesa-convento di S. Pietro di Savona compie 350 anni 25 aprile 1664: posa della prima pietra Le tappe di un cammino travagliato (dal manoscritto dei pp. A. Arnaldi e A. Carattino) Una ricorrenza importante che merita di essere ricordata attraverso un breve excursus storico. Nel 1617 i Carmelitani Scalzi residenti in Italia suddividono il territorio in province o circoscrizioni religiose. La provincia di Genova, che fa capo al Convento di S. Anna (il primo ad essere stato fondato fuori dalla Spagna dopo la riforma teresiana) e comprende Liguria,Toscana e Piemonte, ha un programma molto ambizioso per una rapida diffusione dell’Ordine, anche grazie al favore delle autorità e dei nobili genovesi. Nel 1622 possiede già 5 conventi (tra cui Loano e il Deserto di Varazze) e prevede altre fondazioni, compresa Savona, scelta non solo per la felice posizione centrale, ma anche perché dal 1623 esiste un monastero di Carmelitane Scalze, che necessitano dell’assistenza spirituale e materiale dei loro confratelli. La loro richiesta di insediamento vede il favore delle autorità civili e religiose ma incontra l’ostilità degli altri Ordini religiosi già presenti (ben 9) che contestano il non rispetto delle distanze tra un convento e l’altro e temono di vedere diminuite le elemosine dei fedeli. In attesa di ottenere la licenza di fondazione, sul finire del 1628 i Carmelitani prendono possesso di una casa nel Borgo S. Giovanni, vicino al Monastero delle Carmelitane (attuale Piazza Saffi), ma già nel marzo dell’anno successivo si devono trasferire in via Quarda Superiore, in una casa della famiglia Pozzobonello. Non riuscendo a comprare il sito per il prezzo troppo alto, alcuni mesi dopo si spostano in contrada Scarzeria, nel convento già appartenuto ai Padri Scolopi, dove vi rimangono fino al 1634. Nel novembre di quell’anno acquistano alcuni terreni in zona Monticello, ritenuta idonea per la loro fondazione, ma dopo varie cause intentate dagli Ordini religiosi limitrofi (agostiniani e domenicani), sono costretti ad abbandonare il luogo due anni dopo e stabilirsi provvisoriamente in una casa data loro in affitto nei pressi dell’attuale piazza Maddalena da Mons. Francesco Raimondo, grande amico dei Carmelitani, che vive a Roma. Ma anche qui incontrano l’ostilità dei francescani, loro vicini, e un anno dopo devono nuovamente traslocare in Contrada Sansoni (zona del Brandale), dove acquistano a rate una casa e pensano di potere finalmente fondare il loro convento, dato che si verificano due condizioni favorevoli: la risoluzione definitiva delle contese con gli altri Ordini religiosi, grazie all’intervento del delegato Apostolico Mons. Prospero Spinola, e il lascito testamentario di Mons. Francesco Raimondo, deceduto il 15 maggio 1638, che prevede una donazione di 1000 scudi romani all’anno per 15 anni con l’obbligo di costruire una chiesa dedicata alla Madonna del Carmine. In realtà i Carmelitani risiederanno lì per ben 27 anni senza poter mai dare inizio ai lavori di fondazione, sia perché l’esplosione della polveriera di Castel S. Giorgio (zona a sinistra del Priamàr, dove attualmente vi è la terrazza del Crescent), avvenuta in data 7 luglio 1648, che causò morti, feriti e distruzioni, comportò gravi danni anche ai locali in loro possesso, sia perché il Marchese Marcello Raimondo, fratello del loro benefattore, fece di tutto per non adempiere all’esecuzione del testamento. Finalmente il 14 dicembre 1663 il Senato di Genova autorizza i Carmelitani a costruire il Convento in una zona ben definita: la “Contrada di Onzeria”, attuale via Untoria. I Carmelitani vi si trasferiscono il 5 aprile 1664 e il giorno dopo celebrano la prima Messa in una cappella provvisoria. Si arriva quindi alla data del 25 aprile, domenica di Pasqua, in cui viene posata la prima pietra della chiesa, con la seguente iscrizione in latino: D.O.M. ET BEATAE VIRG. MAR. DE CARM. AN. 1664 DIE XXV APRILIS PONT. ALEXANDRI VII AN. IX REGNANTE STEPHANO DE MARI PROMOVENTIBUS ADIUVANTIBUS ECC.MI JO BAPT. CENTURIONE ET ALEXANDRO DE GRIMALDIS COOPERANTE ILL.MO D. GUBERNATORE GEORGEO ZOALIO SUMPTIBUS ILL.MI ET REV.MI FRANCISCI DE RAYMUNDIS (A Dio Ottimo Massimo e alla Beata Vergine Maria del Carmelo, il 25 aprile del 1664, anno IX del pontificato di Alessandro VII, con il favore e il patrocinio degli Ecc.mi G.B. Centurione e Alessandro Grimaldi, grazie alla collaborazione del Sig. Governatore Giorgio Zoagli, a spese dell’Ill.mo e Rev.mo Francesco Raimondo). I problemi, comunque, non sono terminati: dopo la posa della prima pietra, i lavori di costruzione della chiesa vanno a rilento a causa del contenzioso con il Marchese Raimondo, il quale contesta ai Carmelitani tre punti fondamentali: – il luogo non idoneo alla chiesa, per la troppa vicinanza alla fortezza del Priamàr; – i numerosi difetti del disegno della chiesa; – il fatto che la spesa si deve limitare alla sola costruzione muraria, escludendo le rifiniture di marmi e pitture. Così i lavori intrapresi nel luglio 1665 devono interrompersi all’inizio dell’anno successivo a causa di un decreto di sospensione che il Marchese riesce ad ottenere dal Vescovo. I Padri ricorrono allora alla S. Congregazione dei Vescovi e dei Regolari, che in data 24 gennaio 1667 si pronuncia a loro favore. Nel frattempo decidono di dedicarsi alla costruzione del convento e per far ciò chiedono in prestito denaro ad altri conventi, vendono alcuni siti in loro possesso e contrattano l’acquisto di terreni confinanti. Occorre ricordare che, malgrado la loro precaria sistemazione in locali non adeguati, i Padri Carmelitani riescono a svolgere normalmente la loro vita di preghiera e di apostolato, sono molto apprezzati e benvoluti dalla gente e nel 1668 entrano a far parte, insieme agli altri Ordini religiosi, dei turni di predicazione richiesti nella Cattedrale nei periodi di Avvento e Quaresima. In attesa di ricevere i soldi dovuti dal Marchese Raimondo, ottengono dall’apposito ufficio tecnico della Repubblica di Genova il progetto della chiesa, su disegno dell’arch. B. Testa. Essa supera le misure prescritte dalle Costituzioni Carmelitane, che disponevano che le chiese annesse ai conventi avessero una larghezza di 33 palmi e una lunghezza in proporzione: misura infatti 36 x 130 palmi, ma questa eccezione viene accettata per ottemperare alle richieste del benefattore, Mons. Raimondo. Le opere ornamentali in marmo vengono affidate a due abilissimi maestri dell’epoca che si occupano rispettivamente della facciata (Bagutti) e delle parti interne (Solimano). Finalmente, dopo varie perizie fatte eseguire da entrambe le parti (Carmelitani e Marchese), si giunge anche alla conclusione della contesa: in data 16 ottobre 1678 la S. Congregazione dei Vescovi e Regolari ingiunge al Marchese Raimondo di consegnare ai Padri Carmelitani la seconda rata di scudi 3.750, cosa che avviene il 13 gennaio 1679, mentre il 20 ottobre 1680 definisce il versamento delle ultime due rate. Il Marchese si oppone, appellandosi alla Segnatura di Grazia, ma non trova soddisfazione e in data 21 gennaio 1681 deve versare l’ultima rata: si conclude definitivamente l’incresciosa vicenda. I lavori della chiesa procedono speditamente e così, anche se con molti anni di ritardo a causa della contrapposizione del fratello, si riesce ad esaudire il desiderio del Mons. Raimondo di far nascere a Savona una chiesa dedicata alla Madonna del Carmine assai bella, tanto che ancora oggi essa viene indicata come l’edificio più significativo dell’architettura seicentesca a Savona. Tra le richieste riportate nel testamento di Mons. Raimondo, vi era quella di “sistemare una iscrizione e arme (ovvero lo stemma) di Mons. Gerolamo Raimondo”. Costui era lo zio paterno che lo aveva nominato erede universale dei suoi beni e che lui voleva onorare come “patrono onorifico della chiesa”. Tale lapide, visibile ancora oggi sul pavimento di fronte alla balaustra del presbiterio, recita: D.O.M. NOBILIS DOMINUS HIERONIMUS RAYMUNDUS PATRICIUS SAVONENSI REV. CAMERAE APOSTOLICAE CLERICUS EMERITUS OMNI VIRTUTE CLARUS, MUNIFICENTIA CLARIOR SACRUM HOC TEMPLUM AMPLO CENSU, AMPLIORI PIETATE DOMUM HANC MANUFACTAM SIBI EXTRUI MANDAVIT UT NON MANUFACTAM IN COELO AETERNAM ACQUIRERET OBIIT DIE XVIII FEBRUARIJ ANNO MDCXXVIII (“a Dio Ottimo Massimo. Il nobiluomo Girolamo Raimondo, patrizio savonese, chierico emerito della Rev. Camera Apostolica, insigne per virtù, più insigne per munificenza, questo sacro tempio con larga beneficenza, ma con più larga pietà, volle costruito per sé: un’abitazione fatta a mano d’uomo per acquistarne una eterna in cielo non edificata dall’uomo. Morì il 18 febbraio 1628”).
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I Carmelitani scalzi a Savona

 

La famiglia maschile del Carmelo inizia i suoi rapporti con Savona nell’autunno del 1625, quando i Padri Filippo di San Giacomo e Teofilo di San Carlo, presentavano formale domanda per la fondazione di un convento alle autorità locali. Gli amministratori si mostrarono favorevoli, ma il Vescovo, Mons. Francesco Maria Spinola, fu contrario, e solo dopo una riunione presso il Governatore della città a cui parteciparono anche i Padri, tenutasi tre anni dopo, esattamente il primo dicembre 1628 riuscirono a trovare un accordo con il Vescovo che pose come unica condizione che i Padri si astenessero dal chiedere l’elemosina. Arrivarono così dal Carmelo di Loano alcuni Padri che presero alloggio nella casa di un certo Francesco Rocca, situata in Borgo San Giovanni, probabilmente nei pressi dell’odierna via Venezia: il 21 dicembre 1628, il Padre Giovanni Andrea Centurione, inaugurava la nuova fondazione, nel portico di casa adattato a cappella. Dopo circa un mese traslocarono in una casa nei pressi, proprietà del nobile Paolo Pozzobonelli. Il 30 settembre 1630, quando gli Scolopi traslocarono da via Scarzeria, essi presero il loro posto. Negli anni successivi dovettero ancora trasferirsi più volte: il 2 novembre 1634 sul colle del Monticello, vicino all’oratorio di San Domenico, oggi demolito, e due anni dopo, il 17 agosto 1736, nella casa della famiglia Raimondi. Finalmente il 23 novembre 1637, comprarono una casa nei pressi dell’antica chiesa di San Pietro, vicino alla torre del Brandale, in contrada Sansoni, di proprietà dei Picco. Anche quest’ultima sistemazione, però, non permetteva la fondazione di un convento e la costruzione di una chiesa. L’occasione di una sistemazione definitiva si presentò ai primi del 1664, quando i Padri comprarono un terreno in via Untoria, nei pressi della porta Bellaria. Il 6 aprile dello stesso anno veniva inaugurata una piccola cappella provvisoria, ed il 25 dello stesso mese veniva posta la prima pietra della nuova chiesa e del convento. I lavori, per le difficoltà sorte tra gli eredi del Marchese Raimondi, che aveva lasciato i fondi per la costruzione della chiesa, ed i Padri, furono interrotti poco dopo, ripresero però nel 1667 ed il primo maggio di quello stesso anno la chiesa fu inaugurata con il titolo di Sant’Anna, mentre il convento era già abitato da qualche anno. Negli anni seguenti il 1680 la chiesa venne completata nella facciata e nella decorazione interna. Nel 1780 il convento fu ampliato utilizzando una casa attigua su via Untoria. In seguito alle leggi di soppressione napoleonica il 20 maggio 1799, i Padri dovettero lasciare il convento. Lo stesso governo della Repubblica Ligure, con una legge del 21 maggio 1799, concedeva la chiesa carmelitana di Sant’Anna all’autorità ecclesiastica, in cambio dell’antica chiesa di San Pietro, insieme con una parte del soppresso convento, da utilizzarsi come abitazione del Parroco. Il Parroco di San Pietro il vecchio prese così possesso della ex chiesa dei Carmelitani, in cui venne trasferito il titolo di San Pietro.

 
L’antica chiesa parrocchiale di San Pietro, sorgeva nella città vecchia, accanto alla torre del Brandale. Dopo la Cattedrale sul Priamàr è la prima chiesa che compare nei documenti, nel secolo XII fu sede di molti accordi e transazioni tra i Marchesi Del Carretto e la città di Savona .Dal 1543 al 1556 funzionò da Cattedrale provvisoria, quando quella sul Priamàr, ormai chiusa al pubblico, stava per essere demolita, ed il titolo non era ancora stato trasferito nella chiesa di San Francesco. Era una chiesa romanica a tre navate, nel 1684 fu eretta in Arcipretura, venne demolita nel 1802, e i suoi resti sono inglobati in un palazzo sull’attuale piazza del Brandale.
 
Nel 1814, dopo l’annessione del territorio dell’antica Repubblica Ligure al dominio di casa Savoia, in seguito ai risultati del Congresso di Vienna, i Carmelitani savonesi, ritornarono nel loro convento. Sorse così la questione tra i Padri ed il Parroco: a livello giuridico e di convivenza. Coesistevano infatti nel complesso religioso dell’Untoria i Padri Carmelitani, nella cui chiesa era stato trasferito il titolo parrocchiale di San Pietro, ed il Parroco che esercitava le sue mansioni. La diatriba continuò fino a quando Papa Pio VII, il 23 maggio 1822, dispose che la cura d’anime fosse affidata in perpetuo ai Carmelitani Scalzi, a norma dei Sacri Canoni.
 
Dopo la morte dell’ultimo Arciprete del clero secolare, Don Alessandro Chiappe, il 23 dicembre 1835, fu nominato il primo Arciprete Carmelitano Parroco di San Pietro, Padre Leopoldo da San Gerolamo.
 
Nel 1866, in seguito alla legge Siccardi, di incameramento dei beni ecclesiastici, i Padri furono nuovamente sfrattati dal convento, eccezion fatta per pochi locali, ma rimasero in possesso della chiesa. Il convento fu poi adibito a caserma. La caserma cessò di funzionare nel 1954, ed i locali furono adibiti agli usi più disparati: osteria, deposito di vini. Il convento fu restituito ai Padri Carmelitani nel 1969.